Coca-Cola: un growth hacker sostituisce la figura del marketing manager
È un fatto recente che risale allo scorso Aprile.
La bevanda più amata al mondo (ma le cui vendite erano recentemente in calo) ha deciso di sostituire il proprio CMO(Chief Marketing Officer) per istituire una nuova figura professionale.
All’interno del proprio organigramma Coca-Cola ha infatti istituito il ruolo del CGO (Chief Growth Officer).
In poche parole un growth hacker.
Coca-Cola & Growth Hacking
Una decisione sofferta, ma necessaria.
Sappiamo tutti quanto siano popolari ed apprezzati gli spot pubblicitari della Coca-Cola.
Negli ultimi anni, infatti, grazie alle proprie campagne di comunicazione Coca-Cola è riuscita ad entrare sempre più nel cuore delle persone ed aumentare la propria popolarità ed awareness.
C’era però un piccolo problema. Sebbene infatti l’awareness aumentasse, altrettanto non si è potuto dire per le vendite. Queste infatti negli ultimi anni sono diminuite e non di poco.
Nell’ultimo quinquennio gli investimenti in comunicazione sono stati elevati, ma il ROI non lo è stato altrettanto, dato che le vendite sono calate di circa l’8%.
Da qui la decisione di sostituire la figura del marketing manager. La sensazione era infatti che servisse qualcuno che fosse in grado di attirare utenti piuttosto che aumentare la notorietà del brand.
Questa figura quindi non poteva non essere un growth hacker.
Questo ruolo sarà ricoperto da Francisco Crespo, già alla guida di Coca-Cola Messico.
Secondo i piani, la figura del growth hacker all’interno dell’organigramma di Coca-Cola sarà posta subito sotto a quella del CEO a cui riporterà direttamente.
Inoltre, il primo growth hacker di Coca-Cola non si occuperà solo di marketing e comunicazione, ma, come abbiamo, detto anche di user engagement e user experience.
Oltre a questo Crespo si monitorerà anche gli insights e guiderà i processi di innovazione.
Coca-Cola quindi pensa al futuro e rivede il proprio modo di fare marketing. Staremo a vedere se i risultati le daranno ragione.
Growth Hacking e grandi aziende
Molto spesso si sente dire come il growth hacking sia un fenomeno o un approccio di marketing che riguarda solo le start-up. Come abbiamo visto non è così.
Il growth hacking nasce nel mondo delle start-up a causa di una necessità: fare marketing ed attirare utenti senza avere un grosso budget a disposizione.
Quindi per far questo si utilizzano canali di marketing non convenzionali che permettono di raggiungere solo gli utenti potenzialmente interessati a divenire nostri clienti.
Il tutto viene poi monitorato con un’attenta analisi dei dati finalizzata ad evidenziare quale delle nostra strategie stia lentamente funzionando.
Se questo approccio funziona per le start-up senza un grosso budget alle spalle, immagina cosa sarebbe possibile fare per una multinazionale.
Il problema per i marketer di oggi è che le persone vengono continuamente raggiunte da ogni tipo di distrazione e messaggio.
Diviene quindi difficile essere notati. Soprattutto se spendiamo forze e risorse per cercare di farci notare da chi non è interessato a noi. Meglio allora concentrare i nostro sforzi solamente sulle persone giuste.
Questo lo ha capito Coca-Cola. E lo stesso stanno facendo anche altre grandi aziende come Microsoft ed IBM.
Forse la figura del marketing manager tradizionale è destinata all’estinzione, o perlomeno costretta all’evoluzione in quella di un growth hacker.
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